La capacità di essere fedeli alla propria mission aziendale dovrebbe, almeno in linea del tutto teorica, essere una delle qualità che distinguono un'azienda credibile.
Il saper giocare con la propria immagine, legandola ad un set di valori, è fondamentale per la sopravvivenza su mercati che oggi come oggi sono permeati da una contingenza che ha diverse origini, sia economiche che sociali.
Giocare con la propria immagine. Inteso, come volontà di confronto, come voglia e impegno da parte dell'azienda a rischiare di intraprendere la via della sincerità e della totale adesione a dei valori che abbiano un fondamento concreto e che si traducano in comportamenti proattivi, all'insegna di un rapporto con il proprio ambiente di riferimento (sia sociale che terrestre) il quanto più proficuo per le parti in gioco.
Dare, essere reali, per ricevere fiducia. Quella fiducia che oggi è la chiave di volta per un'impresa vincente.
Ma cosa succede se non si è per davvero convinti di fare un reale cambiamento? Se non si è realmente intenzionati a legarsi a dei valori positivi? Se si cerca, ad esempio, di far finta di essere sulla strada buona?
Green washing.
Quella spruzzatina di verde sulla propria coscienza e sugli occhi dei propri consumatori.
Quella forma di comunicazione che nasce di per sé già debole e che non può essere credibile poiché finta in origine e quindi incapace di "coprire" l'immagine aziendale. Come una coperta troppo corta.
Nell'era del dialogo, della comunicazione, del feedback e di un ritorno ad una mentalità (sia da parte dei consumatori che delle aziende) che premia gli sforzi per salvaguardare la natura, ecco che uno dei brand più famosi al mondo si mette a "giocare" con la propria immagine. E lo fa nel modo più sbagliato che ci possa essere.
Accostare "slow" e "fast" come se si fosse trovata la quadratura del cerchio. Come se il mangiare un panino creato da Gualtiero Marchesi, possa magicamente far entrare il consumatore all'interno dei valori portati avanti per anni da realtà come "slow-food". Il tutto all'interno di una nazione che ha nel suo DNA un orgoglio e un amore per le proprie produzioni alimentari che definire patriottico è dir poco.
Il gigante che ci ha fatto conoscere la mentalità "fast" tipicamente nord-americana adesso riprende quei valori che voleva che lasciassimo e ce li rigira in una campagna di marketing che lascia a dir poco di stucco.
fonti:
RispondiEliminaph presa dal sito: http://c-r-e-a-t-e.it